A proposito di botti leggetevi questa storiella che scrissi qualche tempo addietro su un libercolo del mio paese
La zocia(1) Nelle case dell'epoca il “larin”, una sorta di camino posto al centro della cucina e rialzato rispetto al pavimento, era la fonte di calore della casa, serviva per scaldarsi e cucinare, la sera era usanza che la famiglia e qualche amico si riunisse attorno a chiacchierare, le donne chi a filare chi a cucire e a parlare dei fatti del giorno, della quantità di latte che aveva fatto la vacca, del vitello appena nato, del figlio che era tornato a casa con le braghe rotte per aver fatto baruffa con un altro per chissà quale motivo, gli uomini avevano da raccontare le avventure di caccia, del lavoro nel bosco o commentavano qualche notizia che avevano sentito al bar; era anche usanza che ogni amico portasse un pezzo di legno da bruciare, in quella maniera ci si scaldava e si faceva ora tarda da andare a dormire. Il Nane aveva lavorato tutta l'estate, un'ora oggi un'ora domani, a pulire e accatastare i ceppi delle piante del taglio fatto l'anno precedente; in autunno ne aveva preparato una catasta considerevole a lato della mulattiera per i Livinas; aspettava la prima nevicata seria per portare tutto a casa con la slitta e assicurarsi il riscaldamento per i lunghi mesi di maltempo invernale. Un bel giorno passando di là al ritorno della caccia, “però mi sembravano di più” pensa tra sé, e un dubbio si insinua in fondo al cervello, si studia ben bene la catasta e conta i ceppi. Tre giorni dopo parte per un giro di caccia e al ritorno ripassa per di là, conta i ceppi ne manca uno, il dubbio diventa certezza “mi stanno rubando la legna”. Va a casa mangia qualcosa per cena senza voglia e va a dormire ma continua a rigirarsi nel letto, che gli rubassero la legna che aveva faticato a preparare era una cosa che gli rodeva dentro e non gli lasciava chiudere occhio, bisognava scoprire il ladro. É ancora buio quando trova la soluzione, salta giù dal letto, si veste in fretta e va nel taulà(2), prende il necessario e parte stando ben attento a non farsi vedere da nessuno, va alla catasta, cerca un ceppo della forma giusta, con la trivella ci fa un buco in mezzo, lo riempie di polvere nera e chiude il buco con un tappo di terra argillosa ben pressata e qualche pezzetto di corteccia incastrata a dovere, il risultato è buono, non si nota nulla, soddisfatto posiziona il ceppo in bella vista. Qualche giorno dopo altro giro di caccia, tornando a casa quasi col buio e con la bisaccia vuota fa il solito percorso, il ceppo non c'è più, “è fatta” pensa e torna a casa col sorriso del gatto che stà per prendere il topo. Passa una settimana e una sera in una delle case più frequentate, nel bel mezzo della serata, la discussione è accesa e dal larin uno scoppio lancia cenere e tizzoni ardenti per tutta la cucina e sui presenti. Non ci furono più ammanchi di ceppi dalla catasta del Nane.
(1) Il ceppo estratto dal terreno comprensivo di parte delle radici (2) Il fienile
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