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 Oggetto del messaggio: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: mar gen 11, 2011 19:20 
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TORNITORE E FRESATORE
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Pubblico questo scritto apparso su un sito sindacale, perche' lo ritengo molto istruttivo.

La giornata di un tornitore

Dalla prima all'ultima mossa, di R.A.

Quando suona la sveglia so già che posso stare ancora 5 minuti nel letto, so già che non possono essere più di 5 minuti, so già che il rischio di svegliarsi un'ora dopo è grosso, so già che dovrò fare tutto di corsa, so già che timbrerò alle 5.58 e so già che se trovo il passaggio a livello chiuso devo mollare la macchina e correre per timbrare alle 6.00. La sensazione che ho quando timbro alle 6.01 è la stessa che provo quando perdo una scommessa su qualcosa di cui sono convinto.

Lo spogliatoio lo si raggiunge attraversando il cortile e scendendo una scala di sei gradini; è un grosso stanzone illuminato sia di giorno che di notte con una dozzina di lampade al neon. Sulla destra ci sono una trentina di rubinetti disposti su due file sopra due lunghi lavandini paralleli. Tutti questi rubinetti, anche se perfettamente funzionanti, non li ho mai visti adoperare da nessuno, per il semplice motivo che quando arrivi sei già pulito e quando te ne vai ti sei già lavato nei lavandini dei cessi di reparto.

Nello spogliatoio, sempre sulla destra, ci sono anche due docce e due cessi con le porte tipo saloon; sulla sinistra ci sono otto lunghi filari di armadietti alti due metri e larghi mezzo metro: è davanti a uno di questi che io mi cambio.

Per arrivare nel mio reparto devo percorrere circa duecento metri: ci sono stati tempi in cui impiegavo anche ore per fare quei duecento metri, ma erano altri tempi.

La prima cosa che fanno praticamente tutti, me compreso, appena si arriva in reparto, è quella di accendere la macchina e farla girare a vuoto, al minimo per scaldarla. Per alcune macchine (poche) questa operazione è necessaria, per la maggior parte è superflua. Ma è un ottimo alibi per non dover pensare subito al lavoro e contemporaneamente aver già iniziato a lavorare.

Accesa la macchina, la seconda mossa è l'apertura degli armadietti, due o tre a seconda della macchina. Io ne ho tre di legno con le portine in ferro alti poco più di un metro e larghi 80 centimetri. In uno ho una piccola attrezzatura. Punte girevoli, qualche alesatore, alcuni coni di diverse dimensioni, una serie di fermi conici e anche parecchie cianfrusaglie.

In un altro ci sono tutti utensili per lavorare i vari materiali. Ve ne sono centinaia di tutte le razze: alcuni sono vecchissimi, ereditati da generazioni di tornitori, fatti magari quarant'anni fa per lavorare un pezzo che è stato fatto allora e poi mai più; altri invece posso averli fatti io stesso il giorno prima per fare due operazioni in una e guadagnare un bloccaggio. Ce ne sono alcuni che anche dopo averli studiati attentamente non riesci a capire che funzione hanno o hanno avuto; così come altri di cui ho invece la scorta, sia perché sono quelli che uso più spesso, sia perché si rompono più facilmente. Si evidenziano poi, su un ripiano tutto per loro, gli utensili a piastrina, i più nuovi, quelli che quando li rompi basta smollare una vite, togliere la piastrina rotta e metterne una nuova per ripartire senza che nessuna misura sia cambiata.

Il terzo armadietto, a parte il primo ripiano in basso dove ci sono riposte decine di lime di vario tipo, per gli altri tre ripiani è adibito a ripostiglio degli oggetti personali: libri, orologi, macchinette calcolatrici, pennarelli, calibri, panino, quaderni del cottimo. Io ho anche il cronometro (è utile sapere il tempo reale che si impiega per fare una cosa). Quasi tutte le antine sono ricoperte da foto sexy che ormai, dopo averle viste tutti i giorni per anni, di sexy non hanno più niente.

Dopo aver aperto gli armadietti, mi leggo il biglietto del socio. Sto parlando di turnisti, quindi tutti hanno il socio che lavora lì, nell'altro turno. Alcuni biglietti dicono semplicemente "vai avanti così, ciao". Altri continuano le discussioni del giorno prima, altri ancora sono spiegazioni di elaborate preparazioni.

Leggo un biglietto a caso: "Le passate sono 0-50-0-50 - fermo. Poi vai giù fino a fermo con l'utensile del seeger, fori, metti su l'altro utensile che c'è sul banchetto, togli lo spessore da quattro e vai a fermo. Per la seconda fase, chiama il tempista perché il tempo è provvisorio, così lo facciamo mettere definitivo. Per la prima fase mi ha preso 5,6 più la percentuale, a me sembra buono; per la seconda fase quando fai la gola sul diametro 34, ferma la macchina e metti 300 giri, se il tempista ti dice di provare a 1.000 fai vibrare il pezzo. La bolletta 3300472 l'ho data al capo da mettere a posto, le altre le ho mandate via. I tuoi pezzi te li ho già segnati, ciao".

Dopo aver letto e ritirato il biglietto, la mossa successiva è il caffè. Prendo un paio di gettoni e mi avvio alla macchinetta del caffè, che si trova in fondo al reparto. Qui, oltre alla macchinetta del caffè, c'è anche quella delle paste e delle bibite. Naturalmente, data l'ora, per bere un caffè c'è da fare la coda e anche chi ha già bevuto resta lì; solitamente si formano decine di capannelli, a volte un solo grosso capannello. E' molto difficile andare a bere un caffè senza essere coinvolto in qualche discussione: le più gettonate sono le discussioni sul calcio, ma non si discute solo di calcio. Tutti questi capannelli e queste discussioni dovrebbero dare un'immagine di movimento, di chiasso, di risate. E invece no: salvo eccezioni, il tutto avviene in un clima del tipo "piantala di urlare che mi svegli". L'impressione che io ho è che quello spazio di tempo venga usato da cuscinetto per attutire il brusco passaggio dal letto lasciato pochi minuti prima alla macchina che ci aspetta pochi minuti dopo.

E' verso le 6.30 o poco dopo, quasi mai prima, che comincio a prendere in considerazione il motivo per cui sono lì. Devo lavorare.

Quando uno inizia a lavorare, le situazioni che può trovare sono due: o la macchina è vuota e non c'è in corso nessun lavoro, oppure si trova la macchina già piazzata con i pezzi in lavorazione fermi al punto in cui li ha lasciati il socio il giorno precedente. Nel primo caso si va dal capo a chiedere il lavoro, nel secondo si termina il lavoro in corso.

Nel mio caso questa mattina trovo dieci alberini semilavorati a cui manca solo un'operazione per essere finiti. L'operazione è forare e svasare; e per questo, che è il lavoro che devo fare io, calcolo mentalmente una mezz'oretta di lavoro. Si tratta di un lavoro di routine per cui ho già tutti gli utensili predisposti; devo solo piazzare la lunetta e la preparazione è fatta. Poi la lavorazione non mi richiederà più di un minuto al pezzo. In tutto ho impiegato una ventina di minuti. Smonto la preparazione e pulisco la macchina. La lunetta la lascio su perché può darsi che nel prossimo lavoro mi serva; al massimo la tirerò giù se non serve, dopo aver visto il lavoro che mi darà il capo. La lunetta è pesante e meno la tiro su e giù meglio è.

Il mio capo è un ex operaio, per un anno è stato anche mio socio. E' giovane, avrà trent'anni, è considerato un capo bravo. In effetti se fai la tua produzione mensile, cioè la tua media di cottimo, non rompe i cocommeri anche se ti vede fare cose che non dovresti fare, però non vuole che ti vedano altri. La distribuzione del lavoro agli operai la fa il caporeparto e siccome ci sono lavori buoni e lavori meno buoni, finisce che a volte alcuni capi usino questa distribuzione come strumento per premiare o punire.

Prima di andare a chiedere un lavoro nuovo, ritiro la bolletta appena finita, quella degli alberini, nella cartelletta sul banchetto. Dato che la maggior parte del lavoro lo ha fatto il mio socio, gliela farò dividere e spedire a lui.

Vado a chiedere il lavoro e mi viene consegnata una bolletta e un disegno; mentre mi avvio verso la macchina guardo velocemente di che lavoro si tratta, guardo il tempo e la quantità.

Stendo il disegno su uno dei tre armadietti che si trovano di fianco alla mia macchina, poi leggo la bolletta che oltre al tempo per pezzo e alla quantità dei pezzi mi dice anche le operazioni che devo fare. Dopo di che vado ai seghetti a cercare il materiale grezzo.

Qui, in mezzo ad altre cassette di materiale tagliato, trovo quello che mi interessa: sono 18 dischi d'acciaio del diametro di 80 mm. E lo spessore di 38. Quindi controllo il cartellino che si trova nella cassetta del materiale, verifico che il numero del particolare e il numero della quantità sia lo stesso della mia bolletta, dopo di che prendo la cassetta e me la porto vicino al tornio. In questo caso ho potuto farlo perché la cassetta era leggera, quindi ho preso un rampino e me la sono tirata dietro; nel caso si fosse trattato di un cassone o un bancale avrei chiamato un manovale con il muletto e lo avrebbe spostato lui. Ora, questi 18 dischi di acciaio li devo trasformare in 18 ingranaggi. In 7 ore circa. Sono 16 minuti al pezzo più due ore di preparazione macchina. Valuto che con una buona preparazione posso guadagnare due o tre ore, quindi classifico il lavoro nel tipo "buono a condizione che fili tutto liscio", ossia in quei lavori che si basano molto sulla preparazione, perché non tutti i lavori buoni sono uguali. C'è buono e buono, come c'è schifoso e molto schifoso; c'è il buono che guadagni tanto ma ti devi fare un cubo tanto, oppure il buono che devi stare vicino alla macchina, cioè quel lavoro con 300-400 pezzi da 3 minuti l'uno che si fanno invece in un minuto. Il peggio che può capitare è un lavoro molto schifoso con materiale molto schifoso in quantità schifosamente alta.

Sulle indicazioni di lavorazione la bolletta dice "tornire completamente".

Con questo so che devo fare quel pezzo con tutte le operazioni che sono previste al tornio; guardo sulla bolletta o direttamente sul disegno l'attrezzatura che mi serve. In questo caso: una punta da venti e un tampone da 22 H7, una forcella da 76 H11, e un'altra da 35 H8. Prendo quattro medaglie, una per attrezzo, e vado al magazzino distribuzione attrezzi: do le medaglie al magazziniere e ne ricevo in cambio ciò che mi serve.

Inizio la preparazione. Decido di farlo in tre fasi: con una faccio il 76 H11 e il 35 H8, sfaccio e con la punta da 20 sgrosso il foro; con un'altra fase faccio il 35 H8 dall'altra parte, e con la terza finisco il foro a tampone e faccio gli smussi.

Inizio a lavorare. Blocco un pezzo sul mandrino. Il disco d'acciaio è morso per un terzo del suo spessore dai tre morsetti del mandrino che io stringo con forza tramite l'apposita chiave inserita in uno dei 3 buchi quadri che ci sono sul mandrino. Gli altri due terzi dello spessore del disco che fuoriescono dai morsetti sono quelli che devo tornire a misura. Piazzo sulla torretta un utensile a coltello, faccio girare il mandrino e con l'utensile vado a sfiorare i morsetti che stringono il pezzo e qui metto il fermo, così sono tranquillo: anche se dovessi distrarmi non rischio di andare a sbattere con l'utensile contro il mandrino. Per avere un'idea dell'utensile a coltello, che è quello che userò, si può immaginare la prua di una barca, solo che il lato sinistro invece di essere ricurvo è dritto.

La situazione adesso è questa: c'è un disco spesso 38 mm. Morso per una decina di millimetri da tre morsetti disposti in tre punti equidistanti lungo la circonferenza. Il diametro di questo disco è di 80 mm., devo farlo diventare di 76 mm. E rispettare la tolleranza H11 su tutto lo spessore che fuoriesce dai morsetti. Con la mano destra faccio girare una manetta, che è un piccolo volante grosso più o meno come quello di una macchina a pedali per bambini. La manetta girando fa avanzare o indietreggiare il carro lungo le guide rettificate, come un treno sui binari. Montata sopra questo carro c'è la torretta che oltre a muoversi verso destra e verso sinistra con il carro grosso, si muove anche per conto suo e con maggiore precisione. Infatti sulla manetta del carro grosso ci sono delle tacche nere lungo tutta la circonferenza che indicano gli spostamenti del carro in millimetri; sul manettino della torretta ci sono delle tacchette che indicano gli spostamenti in decimi di millimetro con le divisioni in centesimi.

La torretta si muove anche in su e in giù, cioè in dentro e in fuori; anche questo spostamento avviene tramite una manettina che io faccio girare con la mano sinistra. A destra, all'altezza dell'inguine, c'è una leva che serve per accendere la macchina. Sulla sinistra c'è la leva che comanda l'avanzamento automatico del carro: cioè, quando la macchina è accesa, se abbasso quella leva, il carro grosso avanza da solo fino a quando non trova un fermo sulle guide.

Davanti alla punta dei miei piedi, in posizione orizzontale, c'è un'asta di ferro lunga un metro avvitata alle due estremità su due leve. Schiacciando con il piede quell'asta blocco tutto.

Sia sotto che tutto intorno al tornio, tranne dal lato dove ci sono i comandi, c'è una vasca di lamiera con i bordi alti mezzo metro; serve a raccogliere i trucioli del materiale in lavorazione e l'olio refrigerante (sembra proprio latte) che fuoriesce da un beccuccio sistemato sul carro in maniera che il getto vada a cadere sopra la torretta dove c'è bloccato l'utensile. Quest'olio, una volta nella vasca, non viene gettato ma, da una griglietta posta sul fondo della vasca, ritorna da dove è partito, cioè in un'altra vaschetta dove una pompa lo ributterà al rubinetto.

Ma ritorniamo al disco sul mandrino.

Girando una manetta sposto il carro a sinistra verso il mandrino. Quando sono vicino al disco che devo lavorare, comincio a girare lentamente la manetta alla mia sinistra, quella che muove la torretta in dentro e in fuori (io la sto facendo andare in dentro) e vado avanti fino a quando la punta dell'utensile non sfiora la circonferenza del disco.

Qui mi fermo e faccio un segno con la matita rossa alla tacca che c'è sulla manetta in corrispondenza dello zero. In questo modo io so che quando il segno rosso è sullo zero l'utensile tornisce il diametro a 80 mm., che è quello che ha ora il disco e che io ho sfiorato con la punta dell'utensile. Ma il diametro che devo fare è di 76 mm., perciò devo asportare quattro millimetri di metallo: come fare? Intanto accendo la macchina e faccio girare il mandrino a 500 giri; poi, partendo dalla tacca rossa, vado avanti di tante tacche quante corrispondono a quattro millimetri e qui faccio un segno blu. In questo momento l'utensile non lavora, ricomincerà quando io abbasserò la leva dell'avanzamento automatico. Direziono il getto dell'olio sul tagliente dell'utensile e abbasso la leva. Il carro con su la torretta e l'utensile parte alla velocità di due decimi di millimetro al giro che è l'avanzamento che avevo predisposto.

Dopo che l'utensile ha lavorato pochi millimetri fermo tutto, prendo il calibro e misuro il pezzettino di diametro che ho tornito: è 76 mm., ma non basta. Provo la forcella 76 H11 e non entra; vuol dire che è più grosso di qualche decimo. Prendo il micrometro e controllo di quanti. Il micrometro dice che quel diametro è 76 mm. e 2 decimi; considerato che la tolleranza H11 è da zero a meno due decimi, scendo di tre tacchette da un decimo l'uno, cancello il segno blu che avevo fatto prima e lo rifaccio tre tacchette sotto. Questo segno blu mi servirà per fare gli altri 17 pezzi alla stessa misura di questo, senza doverli controllare ogni volta.

Fatto questo riaccendo la macchina e riabbasso la leva dell'avanzamento. Stavolta però lascio andare fino in fondo, i trucioli volano da tutte le parti; quando il tagliente dell'utensile arriva quasi a toccare i morsetti automaticamente il carro si blocca perché ha trovato il fermo che io avevo precedentemente messo. Tiro indietro il carro con la manetta grossa che ho sulla destra e contemporaneamente tiro su l'utensile. Con il manettino che ho a sinistra fermo il mandrino e controllo il diametro che ho tornito prima con il micrometro, che mi segna 75 mm. e 9 decimi. Va bene.

Poi con la forcella il "passa" entra, il "non passa" no: perfetto. A questo punto sfaccio il disco. Cosa vuol dire e come faccio? Sfacciare un pezzo vuol dire togliere del materiale da una faccia del disco per farlo diventare spesso quanto serve. In questo caso il disco, che ora è spesso 38 mm., mi serve che diventi 35 mm.: devo togliere quindi 3 mm., ma dalla faccia che sto facendo toglierò solo un millimetro e mezzo, l'altro millimetro e mezzo lo toglierò nella seconda fase sulla faccia che ora è rivolta all'interno del mandrino.

Per sfacciare userò sempre lo stesso utensile. Abbiamo detto che lo spessore di questo disco è di 38 mm., di cui 9 mm. sono in presa sui morsetti e 29 mm. fuoriescono, che sono quelli che ho tornito a 76. Quindi, dalla faccia che io devo lavorare fino al fermo che arresta il carro ci sono 29 mm.; è sufficiente allora che metta tra il carro e il fermo uno spessore da 27 mm. e mezzo perché il carro vada avanti un millimetro e mezzo e poi si fermi, ed è quello che faccio.

Con l'utensile, partendo dalla circonferenza esterna e scendendo di 5 mm. alla volta fino ad arrivare al centro, tiro via un millimetro e mezzo su tutta la faccia, che ora è spessa quanto voglio; ma la fase non è ancora finita. Ora devo fare un gradino spesso 11 millimetri con un diametro di 35 mm. in tolleranza H8. Rifaccio il giochino con gli spessori, tolgo lo spessore di prima e ne metto un altro di 16 mm. e mezzo. Perché da 16 e mezzo? Perché ora tra la faccia del disco e il fermo ci sono 27 mm. e mezzo. Se io interpongo uno spessore da 16 e mezzo la differenza, cioè 11, è lo spessore del gradino che devo fare. Il diametro del gradino lo trovo facilmente partendo dal segno blu che avevo fatto prima per fare il diametro da 76 H11. Partendo da quel segno conto 41 tacche da 1 millimetro e faccio un segno bianco col gesso. Poi comincio a tornire cinque tacche per volta fino a quando arrivo a un millimetro dalla tacca bianca. Qui fermo tutto e controllo con il micrometro: è 36 mm. giusti. Vado sulla tacca bianca e tolgo il millimetro che c'è in più. Provo la forcella, va bene e il gradino è fatto.

La fase non è ancora finita. Devo fare il foro; quindi avvicino al mandrino la contropunta e gli innesti la punta da venti e facendo girare la manovella velocemente fino a quando non sono quasi contro il centro della faccia. Poi, molto lentamente, faccio il foro, giro la manovella e la punta penetra nel metallo. Con la mano sinistra direziono il beccuccio, da cui esce l'olio refrigerante, sulla punta che sta forando e aumento il getto dell'olio perché l'attrito è forte e i trucioli che fuoriescono sono viola. Dopo un po' la punta trapassa il disco e fuoriesce dalla parte opposta. Allora inverto velocemente la rotazione della manovella e la punta fuoriesce dal foro che lei stessa ha fatto.

Il foro adesso ha un diametro di 20 mm.; lo allargherò di 2 mm. nella terza fase perché per tornire il foro dovrei usare un altro utensile e quindi dovrei togliere quello che è montato, il che vorrebbe dire rifare la preparazione ad ogni pezzo. E' per questo che la tornitura del foro ha una fase tutta per sé, l'ultima.

Finito di passare la punta, la preparazione della prima fase è fatta. Smollo i morsetti, con la stessa chiave che ho usato per serrarli, facendo forza dalla parte opposta. Tolgo il disco semilavorato e lo deposito sul tavolino che ho subito dietro la schiena, ai bordi della pedana di legno che ho sotto i piedi. Adesso devo rifare per 17 volte tutti i movimenti fin qui descritti.

All'ottavo pezzo, passano due amici diretti alla macchinetta del caffè, mi chiamano e mi unisco a loro. Passerà una mezz'ora prima che torni a fare il nono pezzo. Nel giro di un paio di ore ho finito la prima fase su tutti i pezzi.

Preparo la seconda fase che è più semplice. Devo sfacciare l'altra faccia e fare un gradino uguale all'altro, cioè spesso 11 millimetri e con un diametro di 35 H8.

Per fare questa fase blocco il pezzo dalla parte che ho già tornito e faccio fuoriuscire dai morsetti la parte che prima era tenuta da questi; per sfacciarlo devo togliere quel millimetro e mezzo che c'è in più sullo spessore. Infatti ora è di 36 mm. e mezzo e il disegno mi chiede 35. Uso il giochino degli spessori alla rovescia: interpongo uno spessore da undici millimetri tra il fermo e il carro, poi lasciando fermo il carro contro lo spessore sposto la torretta con il manettino apposito fino a quando il tagliente dell'utensile non sfiora la faccia del disco. Quindi giro in avanti il manettino per un millimetro e mezzo, che è lo spessore che devo asportare, e lo asporto su tutta la faccia andando avanti lentamente fino al bordo del foro. La faccia è bella lucida, a questo punto non devo fare altro che togliere lo spessore da undici che avevo messo tra il fermo e il carro e questo, non trovando più l'ostacolo, andrà avanti ancora per 11 mm. trascinando avanti per 11 mm. l'utensile.

La misura per fare il diametro 35 H8 l'ho già trovata prima e ho segnato la tacca con il gesso bianco. L'utensile non l'ho toccato, quindi quel segno bianco corrisponde a un diametro di 35 H8. Bene, la preparazione è fatta. Finire la seconda fase è roba di un'ora. Qui sono io che vado a cercare qualche amico per bere un caffè.

Ora devo fare i fori a tampone. Il foro che ho fatto nella prima fase con la punta ha un diametro di 20 mm. Io devo fare passare il tampone di 22 H7. Cambio l'utensile, tolgo quello a coltello e ne metto uno da foro. L'utensile da foro (che non è l'utensile degli avvocati) è una specie di sigaretta di ferro con saldata in fondo una placchetta di widia.

Faccio fuoriuscire l'utensile dalla torretta di una quarantina di mm. (il foro dentro cui deve passare è lungo 35 mm.); entro con la punta dell'utensile dentro il foro senza toccare nessuna parete, e girando lentissimamente il manettino faccio avanzare la punta dell'utensile verso la parete del foro fino a sfiorarlo. Dopo che l'ho sfiorato, girando il manettone tiro indietro il carro, faccio uscire l'utensile dal foro e segno la tacca che corrisponde allo sfioramento sul manettino. Ora mi tiro giù da quel segno di 2 mm., attacco l'avanzamento e l'utensile spinto dal carro entra nel foro a 2 mm. più in fuori del suo bordo, allargandolo alla misura che mi interessa. Infatti quando provo il tampone va più che bene. Mi ci metto di buzzo buono e in un'oretta li ho fatti tutti.

Pulisco la macchina con una pistola che spara aria, riporto l'attrezzatura in magazzino, riprendo le mie medaglie e ritorno al mio posto. Prendo i 18 dischi che ora sono 18 ingranaggi a cui mancano solo i denti e li metto nella loro cassetta. Dico al manovale di portarli via. Lui, tra una battuta e una bestemmia, li carica sulle pale del muletto e li porta dalle dentatrici.

Sono le undici e faccio un po' il conto di quanto lavoro ho fatto fino a quel momento. Dunque, 10 alberini da forare e svasare a 4,3 minuti l'uno fanno 43 minuti, più mezz'ora di preparazione macchina sono 73 minuti, poi 18 ingranaggi da 16 minuti l'uno, sono 288 minuti più 2 ore di preparazione fanno 408 minuti più 73 = 481: ho fatto la giornata.

Mi rilasso un attimo, vado a lavarmi le mani ai rubinetti del cesso, vado a bere un caffè e aspetto chiacchierando le undici e mezzo. Decido di decidere dopo la pausa mensa il che fare prossimo.

La pausa mensa è dalle 11.30 alle 12.00. Io in mensa non ci vado, però la pausa la faccio lo stesso. Di turnisti che non vanno a mensa siamo una decina. Due o tre si mangiano un panino seduti vicino alla loro macchina, gli altri escono in cortile e si appollaiano su cassoni e bancali; chi leggendo il giornale, chi chiacchierando, chi mangiando panini. Le dodici arrivano subito e torno al reparto. Non ho molta voglia di lavorare: penso che potrei fare un'altra oretta che potrebbe venirmi buona, se dovesse venire avanti lavoro gramo, ma non ho voglia e l'appagamento psicologico per aver fatto la giornata mi fa venire ancora meno voglia.

Vado dal capo a chiedere lavoro, così vedrò cosa dovrei fare se decidessi di lavorare ancora.

La bolletta che ricevo dice che devo fare 29 alberi frottatori. E' un lavoro che non mi piace molto non perché non sia buono, ma perché lo giudico un lavoro lento e rompicazzo. Decido di fare solo la prima fase: centrare. Per questa fase ci sono tre minuti, ma se ne impiega uno. Finisco di centrare in tre quarti d'ora, e qui decido di piantarla: tutto sommato è stata una buona giornata. Non ho ammazzato nessun pezzo, ho guadagnato un'ora e mezzo, nessuno mi ha rotto i cocommeri. E' l'una e venti, ho quaranta minuti per farmi i cazzi miei e poi, soprattutto, tra quaranta minuti esco.

Meta, n.1, gennaio 1988 - Dossier - Daniele Barbieri

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Tuco Benedicto Ramirez


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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: mer gen 12, 2011 12:34 
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fighissima!


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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
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Credo che se lo potesse leggere Carlo, gli verrebbero le lacrime agli occhi, oppure manderebbe a quel paese... :-)
Che ne dici Almor, gli diamo un po di risalto mettendolo fra gli articoli piu' interessanti?

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Tuco Benedicto Ramirez


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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: mer gen 12, 2011 19:18 
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veramente notevole... per dirla tutta mentre la leggevo mi veniva appunto in mente carlo al lavoro...

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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: mer gen 12, 2011 20:02 
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Si, sembra quasi scritto da Carlo, e' il suo stile, oppure i tornitori si assomigliano tutti... :-)

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Tuco Benedicto Ramirez


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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: mer gen 12, 2011 22:28 
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FINALMENTE USO IL TORNIO

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Me lo sono letto tutto anch'io e nonostante non sia un tornitore mi pareva di vederlo al lavoro.

Bello!!!


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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: mer gen 12, 2011 23:28 
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Mi piace!!!! =)
Potresti fare lo scrittore, oltre a descrivere le lavorazioni si percepiva benissimo lo stato d'animo!!

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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: gio gen 13, 2011 00:53 
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Questo racconto mi sucita una gran malinconia.
Quella che sembrerebbe anche una passione, visto la descrizione delle operazioni, viene canalizzata verso un flusso di anonima monotonia.
Si intuisce che ha le capacità per emergere... ma la fabbrica è la fabbrica e passano gli anni e ci si rassomiglia sempre più alle macchine (il tornio in questo caso) che si usano.


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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: gio gen 13, 2011 07:43 
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secondo me tuco, è sicuramente un bel pezzo e merita di essere messo in prima fila tra gli argomenti della sezione! veramente realistico infatti sembra di essere attaccati al tornitore come la sua ombra!
.... poi non sembra ci sia tutta sta monotonia anzi sono rimasto sorpreso dalla libertà di decidere del soggetto!


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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
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non si sa cosa ha fatto " the day after "

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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: gio gen 13, 2011 10:17 
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Io lo metterei fra gli articoli di formazione didattica del sito.
Leggere un articolo del genere ti fa veramente calare nella figura del "Tornitore PROFESSIONISTA" anche detto "PRO"

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Tuco Benedicto Ramirez


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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: gio gen 13, 2011 11:35 
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ok !


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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: gio gen 13, 2011 12:19 
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io non sono un hobbysta e ho imparato qualche cosa che non sapevo

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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: gio gen 13, 2011 16:38 
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Io lavoro in una fabbrica , e credo che Zorki abbia colto esattamente il senso di quell'articolo ...

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 Oggetto del messaggio: Re: La giornata di un tornitore
MessaggioInviato: gio gen 13, 2011 16:46 
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TORNITORE E FRESATORE
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Iscritto il: dom gen 25, 2009 17:36
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Certo Raban, c'e' la tristezza e la rassegnazione esistenziale di una vita monotona e meccanica, del lavoro da fare per forza e non per piacere, ma a noi che siamo un sito di meccanica , tutto cio' un po' piace, anche io ho lavorato per qualche anno in una fabbrica, in ufficio, ma anche 6 mesi di gavetta in officina, forse perche' sono stati solo 6 mesi, ma per me quell'ambiente manteneva e mantiene un gran fascino...

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Tuco Benedicto Ramirez


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