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MessaggioInviato: lun ott 26, 2009 14:51 
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Bit79, ho ripreso un discorso che hia fatto sull'altro forum relativamente al modulo di elasticità e ancora ora non riesco a capire bene il discorso.
Mentre capisco Tuco cosa dice per il discorso risonanze (e spero che abbia letto la mia considerazione sull'elasticità dell'alluminio) non capisco l'altra tua affermazione.
Mi piacerebbe chiarirmi le idee prima di andare avanti! :grin:


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MessaggioInviato: gio ott 29, 2009 00:14 
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Intanto stasera finalmente ho rimontato e risistemato la cnc, ora rifunziona tutto a dovere, e allora mi sono messo ad assemblare i primi pezzi della cnc.
Ho fatto i 4 Fori M8 per fissare la barra e gli ho dato una pelatina alla sede.


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MessaggioInviato: gio ott 29, 2009 08:52 
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Se ti puo' essere d'aiuto , la mia z pesa circa 80 kg , il motore montato e' un passo passo da 6 Nm ridotto 2 a 1 su vite passo 5 e la tira su e giu' benissimo, non ho messo nessun contrappeso o compensazione a pistoni .
Se i motori non sono alimentati la z scende solo con una leggera pressione .

In merito alle risonanze ... la mia ai primi test in questo senso si e' comportata bene ...

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MessaggioInviato: gio ott 29, 2009 09:01 
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Grzie Raban, mi rincuori, anche se devo dire che la tua è nettamente più massiccia!!! :shock: :shock:

80kg cavolo è roba, io pensavo di rimanre nei 25 kg e i motori sono da 5.02Nm, sarà ridotta 2:1 come te vite passo 5 anche io.

Il problema rimane nell'aggancio delle spalle all'asse x, non so veramente ancora come fare, abbandonata l'idea della resina che non mi ha soddisfatto, abbandonato il telaio in ferro non so come procedere.... sto cercando un piano in granito ma non so.... :roll:


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MessaggioInviato: gio ott 29, 2009 11:16 
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Una ditta nostrana ( Breton ) fa macchine la cui struttura e' in materiale composito tipo granito , ma non e' granito , e' un impasto di resine ed inerti , credo che usare un piano in granito non sia la soluzione migliore .

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MessaggioInviato: gio ott 29, 2009 15:38 
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Capito Raban... ora ti sfrutto visto che ne sai!!! :mrgreen: :mrgreen:

Sul forum ne avevamo parlato di materiali compositi perché in gemrania diversi fanno strutture utilizzandoli.
Io ho ordinato della resina e sabbia di quarzo con specifiche molto simili a quelle trovate in giro, il risultato di alcune prove non è male, ma i risultati migliori si ottengono facendo un'anima di ferro e poi colando dentro.

Il piano in granito lo hanno cnc tipo le datron, vorrei capire perché secondo te è da evitare, ho diversi dubbi anche io sull'ancoraggio o meglio su come fissare le spalle laterali che avrebbero la vite non passante da parte a parte ma inserita nel blocco di granito.
Ho il timore che lavorando sbricioli il granito. A questo pro aevo pensato di chiudere il blocco dentro un anello di ferro.


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MessaggioInviato: gio ott 29, 2009 22:54 
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Cita:
Bit79, ho ripreso un discorso che hia fatto sull'altro forum relativamente al modulo di elasticità e ancora ora non riesco a capire bene il discorso.


Dunque, vedo di spiegarmi meglio. Per prima cosa dobbiamo definire due parametri principali di qualunque materiale: la resistenza (espressa dal carico di rottura) e la rigidezza (espressa dal modulo di elasticità).

Cominciamo con la prima, che è anche la più immediata da capire.
Per semplicità si tiene conto di sollecitare un materiale a trazione (come strappare una corda), gli altri casi sono più o meno simili.
Supponiamo di avere un certo materiale in forma di bacchetta cilindrica, e di sottoporlo a trazione, ad esempio appendendolo ad un'estremità e mettendo un peso variabile all'altra estremità. Aumentando gradualmente il peso arriveremo alla rottura della bacchetta (provino). Annotiamo il peso (o meglio la forza in Newton) che ha provocato la rottura, e anche la sezione (in mmq) del provino che abbiamo usato. Ripetiamo la prova con provini dello stesso materiale, ma sezione differente. Otterremo carichi di rottura differenti, ma se facciamo due calcoli, il rapporto tra il carico di rottura e la sezione è costante, e dipenderà solo dal materiale e dal suo stato fisico. Chiameremo questo rapporto moduli di resistenza (a trazione) e lo esprimeremo in N/mmq.
Chiaro no? Ad esempio il ferraccio (Fe360) ha un modulo di resistenza a trazione di 360 N/mmq (guarda caso....).
Vuole dire che per rompere a trazione un provino di 1 mmq di sezione occorre un carico di 360 N. La lunghezza del provino non è influente, infatti con provini di lunghezza diversa ma pari sezione (e materiale) otterremo gli stessi carichi di rottura (si può capire anche a senso, se una corda si strappa con un certo carico non è che se è più lunga o più corta la resistenza cambia...).

Ora vediamo cos'è invece il modulo di elasticità. Nella prima prova abbiamo aumentato il carico gradualmente, aspettando di arrivare alla rottura, ma non abbiamo tenuto conto di ciò che accadeva mentre il carico aumentava. Adesso invece ripetiamo la prova e vediamo cosa accade. Misuriamo la lunghezza della bacchetta prima della prova e teniamola misurata mentre aumentiamo il carico.
Anche se con un materiale relativamente rigido come il ferro non è immediato immaginarselo, la bacchetta si allungherà gradualmente all'aumentare del carico.
Per adesso non arriviamo alla rottura, anzi, rimaniamone ben lontani. Ripetiamo la prova con bacchette di differente sezione e lunghezza (ma stesso materiale) e ricaviamoci l’allungamento assoluto (cioè la differenza tra la lunghezza a vuoto e la lunghezza con un certo carico).
Diciamo che L è la lunghezza iniziale del provino, dL è l’allungamento assoluto con un certo carico.
Definiamo dL/L: esso è detto anche allungamento relativo, e può anche essere espresso in percentuale. Dimensionalmente è un numero puro (è un rapporto tra lunghezze) e esprime quanto si è allungato un certo provino. Si intuisce che un certo carico è in grado di ottenere un certo allungamento relativo in un provino indipendentemente dalla sua lunghezza. Ad esempio, se con un certo carico specifico una barra di 1 metro di allunga di 1 mm, una barra di 2 metri si allungherà di 2 mm (a parità di materiale). L’allungamento relativo in entrambi i casi sarà pari a 0,001. Si capisce anche come per ottenere lo stesso allungamento relativo con barrette di differente sezione servano carichi differenti. Se ad esempio ipotizziamo di provare con una barretta di sezione doppia, servirà un carico doppio per ottenere lo stesso allungamento (è come se dovessimo allungare 2 barrette, ciascuna con il suo carico). Quindi, a pari allungamento relativo, il carico specifico (espresso come rapporto tra il carico in Newton e la sezione in mmq) che serve per ottenere un certo allungamento relativo non dipende né dalla sezione né dalla lunghezza del provino.
Inoltre, se rimaniamo in un range di carichi relativamente bassi (rispetto al carico di rottura) scopriremo che tra l’allungamento relativo è direttamente proporzionale al carico specifico. Se ad esempio un provino si è allungato di 1 mm con un carico di 100 N. si allungherà di 2 mm con un carico di 200 N.
Se facciamo quindi il rapporto tra il carico specifico (F / S) e l’allungamento (dL/L) otterremo un valore:

e = (F / S) / (dL / L)

che sarà costante e dipenderà anch’esso solamente dal materiale e dal suo stato fisico e definiremo come modulo di elasticità (a trazione).
Dimensionalmente è uguale al modulo di resistenza, e con un po’ di fantasia rappresenta il carico specifico che causerebbe un allungamento relativo pari a 1, cioè un raddoppio di lunghezza del provino. Si capisce che tale condizione è puramente ipotetica, il materiale quasi sicuramente raggiungerà la rottura molto prima (a parte casi eccezionali…).
Per avere un’idea, il modulo di elasticità del soluto ferraccio (Fe360) è pari a circa 210.000 N/mmq

Chiara la differenza? Possiamo avere materiali con moduli di elasticità molto alti (cioè molto rigidi) ma moduli di resistenza relativamente bassi (cioè poco resistenti) e casi opposti.
Nel dimensionare una struttura bisogna tenere conto di entrambi i parametri. Ovviamente vogliamo che una struttura non si rompa mentre svolge il suo lavoro, ma spesso vogliamo anche che non si deformi oltre un certo limite. Solitamente si dimensiona una struttura a rottura, per poi verificarla a deformazione elastica. Sia chiaro: la deformazione elastica di per se non mette in pericolo la struttura, ma può renderla inutilizzabile o comunque comprometterne la funzionalità (un ponte di corde è sicuramente robusto, ma non è rigido, ed è difficoltoso da utilizzare).
I casi ovviamente sono da valutare. Ci sono volte che la deformazione elastica di un materiale anche se sottoposto a carichi notevoli non è influente, ci sono altre volte che invece è molto determinante per l’utilizzo della struttura stessa.
Facciamo un esempio: il solito Fe360 può essere impiegato con ragionevole sicurezza con carichi specifici fino a 100-150 N/mmq (poi il margine scelto dipende da molti fattori). Se facciamo due calcoli, vediamo che con un carico di 100 N/mm a trazione, un pezzo di Fe360 si allunga del 0.048%. Una barra di 1 metro si allungherebbe quindi di circa mezzo mm. Ininfluente se stiamo costruendo una scala, inaccettabile nel caso di una macchina utensile!! In una macchina utensile dobbiamo limitare le deformazioni elastiche a pochi centesimi, o anche meno!
Si capisce quindi che le strade sono 2: utilizzare materiali con modulo di elasticità maggiore, o diminuire il carico specifico, ad esempio ingrandendo le sezioni. Il secondo rimedio è ovvio, il primo abbastanza chiaro: non possiamo costruire una cnc di gomma, no?

Abbiamo visto che con un materiale relativamente scadente come il Fe 360 già non possiamo nemmeno lontanamente avvicinarci al suo ottimale sfruttamento per quanto riguarda la resistenza, anzi, dobbiamo mantenere i carichi specifici molto bassi. A questo punto la domanda è lampante: servirebbe a qualcosa utilizzare un materiale più resistente, cioè con modulo di resistenza superiore? La risposta è no! Il materiale scadente è già di per se poco sfruttato, a cosa serve metterne uno più resistente?
Senza essere esperti si potrebbe obiettare supponendo che un materiale più resistente sia anche più rigido. Non sempre è vero. Se questo è abbastanza rispettato passando da un materiale all’altro (ad esempio da alluminio a ferro) solitamente non lo è tra le leghe dello stesso materiale, dimostrando addirittura una inversione di tendenza: acciaio ad altissimo modulo di resistenza (anche superiore a 2000 N/mmq) hanno moduli di elasticità spesso inferiori al solito Fe360. Di poco, ma inferiore (si collocano intorno ai 190.000 N/mmq). Situazione quasi analoga per le leghe di alluminio.
Questo spiega perché nella costruzione di una macchina utensile si debba privilegiare il materiale con il modulo di elasticità più elevato, e diventa praticamente trascurabile il modulo di resistenza, che può essere anche molto basso.

Chiaro?

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MessaggioInviato: ven ott 30, 2009 00:57 
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si è chiaro ed è come sapevo io, avevo semplicemente frainteso, carico di elasticità alto pensando che volessi indicare un materiale maggiormente elastico e non il preciso contrario... :mrgreen: :mrgreen: :grin:

Ti ringrazio per l'ottima ed esaustiva spiegazione che mi ha fatto capire diverse cose.
L'ultima domanda se vorrai ancora dedicarmi tempo prezioso è in questo rapporto di elasticità e resistenza, le risonanze come vanno ad inserirsi??

grazie :grin:


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MessaggioInviato: ven ott 30, 2009 12:59 
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Dunque resina e sabbia non e' certamente la migliore soluzione , dovresti fare una miscela tipo calcestruzzo , ovvero con inerti di granulometria diversa in modo che tutti gli spazzi tra un sassolino e l'altro siano riempiti da sassolini piu' piccoli .
In generale in una miscela inerte + legante la parte debole e' il legante , nel caso del calcestruzzo e' il cemento usato , ecco perche' si usano granulometrie diverse , in modo da avere meno legante possibile .
Detto questo sempre nel calcestruzzo , la granulometria massima dell'inerte si sceglie in funzione della distanza minima tra i ferri di armatura , se ad esempio i ferri al minimo sono distanti uno dall'altro 2 cm , la miscela di inerti da usare non dovra' contenere sassolini di dimensione superiore a 2 cm .
La bonta' del calcestruzzo la fa l'inerte e la quantita' di acqua non il cemento usato.
Perche' l'acqua , perche' se ce ne sta troppa , questa invece di reagire col cemento
restera' libera nella miscela e col tempo evaporando creera' delle cavita' (porosita') che chiaramente influiranno negativamente sulla bonta' del calcestruzzo .
Nel tuo caso i ragionamenti sono uguali , con la differenza che come legante avrai una resina al posto del cemento , ed al posto dell'acqua il tuo problema sara' l' aria , ovvero , per avere un risultato ottimale l'impasto dovrebbe essere preparato sotto vuoto e la colata lo stesso dovrebbe essere tirata a vuoto .

Perche' vedo la vedo dura nell'usare il piano in granito :

1) non credo che una lastra o un blocco siano perfettamente piani , le macchine da marmo hanno tolleranze importanti .
2) vedo critico il fissaggio della parte metallica alla parte in granito .
3) possibili difetti presenti nella lastra ( trattasi di materiali naturali

Detto questo per fissare la parte metallica alla parte in granito lo puoi fare con dell'ancorante chimico , ti prepari delle bussole filettate , con all'esterno delle feritoie per migliorare l'adesione del legante , fai dei fori piu' grandi sul granito , li pulisci per bene , ci metti il chimico e poi metti la bussola in modo che tutto lo spazio sia riempito dal chimico .

Come ancorante chimico vanno bene le classiche vinil-estere bicomponenti tipo quelle della fisher ad esempio il FIS VT 380 C

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MessaggioInviato: ven ott 30, 2009 13:12 
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Capito Raban, infatti inizialmente volevo utilizzare non un normale piano di granito ma un piano di riscontro, un pò come ho fatto per il tornio cnc, piano di riscontro in ghisa così sono certo che è piano!!! :grin: :grin:

Poi ci ho pensato e mi sono detto, cacchio me ne frega se è piano o no?? posso recuperare il gioco in 2 maniere.
per la parte che corre nel senso della Y registro il ponte Y in base al piano come ho fatto ora, per cui se sale o scende stessa cosa fa la fresa fine, per la parte X invece gli dò o di spessori e rgolaazione sul piano in granito oppure dò una bella pelata al piano scanalato appena montata.
Dimmi se sbaglio :roll:

La resine con sabbia è stata abbandonata proprio perché troppo complicata da gettare e miscelare.

Le spalle del ponte in settimana verranno modificate con due angolari grossi che mi permetteranno la regolazione di allineamento al piano oltre a conferire maggiore stabilità.
Praticamente voglio fare come nel disegnino aggiungendo le parti gialle :mrgreen: :mrgreen:


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MessaggioInviato: ven ott 30, 2009 13:39 
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Secondo me sta cosa del dare una pelata al piano con la fresa stessa , cosa che vedo sempre fare e' una caxxata .
Mi spiego , supponiamo che le guide sulla x non siano complanari , che siano ad esempi sghembe , o che seguano un profilo a botte cioe' piu' alte in mezzo e meno
ai lati , quando si andra' a spianare il piano , in realta' non si ottera' un piano , ma qualcosa di simile alla disposizione delle guide sulla x , in pratica si va a fresare seguendo una superfice parallela a quella creata dalle due guide , ma non per forza piana ...

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MessaggioInviato: ven ott 30, 2009 14:22 
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Si ho capito Raban che dici, io logicamente sto parlando di decimi non certo di mm, però non capisco lo stesso perché dici che non torna diritto.

Se la Z è costante quello che freso sotto è costante rispetto a lei, mi fai capire meglio cosa intendi?


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MessaggioInviato: dom nov 01, 2009 18:42 
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Immagina che le guide della X siano piu' alte al centro e piu' basse ai lati .
Se fai una passata a Z costante otterrai una superfice che copia il profilo delle guide in X .
La tua Z si sara' sempre ad una altezza costante , ma secondo una traiettoria curva e non piana .

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MessaggioInviato: lun nov 02, 2009 21:20 
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Nelle risonanze il modulo di resistenza non influisce (se non per determinare se u a eventuale risonanza può distruggere il materiale). La risonanza avviene se una struttura elastica (quindi tutte) viene eccitata da uan frequenza prossima o uguale alla sua frequenza di risonanza propria. La frequenza di risonanza propria è determinata dalla massa della struttura (diminuisce all'aumentare della massa) e alla sua rigidezza (aumenta all'aumentare della rigidezza), che a sua volta dipende si dal modulo di elasticità, ma anche dalla forma della struttura.

E' da capire se sia conveniente cercare di spostare queste frequenza in alto o in basso. Comunque la strategia da adottare è quella di allontanarle il più possibile dalle frequenze di eccitazione possibili nella macchina.

Ovviamente ogni struttura presenta frequenze di risonanza differenti per varie direzioni. Inoltre una struttura non sarà mai perfettamente elastica, quindi vibrando dissiperà sempre dell'energia. Se il sistema che ha eccitato la struttura riesce a fornire questa energia la vibrazione persiste, altrimenti si estingue.
Questo per dire che si possono eliminare le vibrazioni semplicemente inserendo elementi fortemente dissipativi nei confronti delle deformazioni (tamponi di gomma, ammortizzatori, riempimenti di liquido, ecc...).

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MessaggioInviato: mer nov 04, 2009 22:20 
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Messaggi: 1
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Ciao,seguo il tuo progetto con piacere :grin: ,
che elettromandrino pensi di utilizzare?


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