Per La morte nera:
tranquillo, quando le discussioni hanno toni pacati e educati ben vengano, sono sempre costruttive...
Cita:
ho visto che nella costante K hai inserito la sezione del nucleo su cui sono avvolte le spire. Un campo di induzione per una superficie è effettivamente un flusso. È una cosa insolita, di fatto è un flusso di induzione magnetica... diviso per il numero di spire!
Esatto... per la costante che inglobava anche la sezione del nucleo avevo appunto precisato. Il tuo flusso di induzione magnetica è anche detto flusso concatenato, cioè quel valore di flusso che si concatena con l'intero avvolgimento. Ma ho visto che ormai ci siamo intesi.
Torniamo al vero nocciolo del problema. Sia tu che max tirate in ballo la corrente di lavoro a carico del trasformatore. Per come la dite voi ci vorrebbero nuclei enormi per sopportare quelle correnti, tanto più se si usano tante spire. Peccato che fate lo sbaglio di considerare solo la corrente primaria.... la secondaria dove la mettete?
Tralasciando momentaneamente la corrente di magnetizzazione, che riguarda solo il primario, se sommate gli effetti (proporzionali a NxI) della corrente primaria e della corrente secondaria ottenete.... ZERO! Non può essere altrimenti, e dopo ve lo dimostro, ma per adesso facciamo una analisi terra terra. Consideriamo i due avvolgimenti, tenendo conto anche della fase. Se scegliamo le polarità dei due avvolgimenti in modo da avere le tensioni in fase, vedremo che le due correnti sono in opposizione (è normale, l'avvolgimento primario assorbe potenza elettrica, il secondario la fornisce). Le due correnti sono quindi opposte e i loro effetti nei riguardi dell'induzionesi si sottraggono:
B = (I1 x N1 - I2 x N2) x u
ma:
I2 = I1 x N1 / N2
quindi:
B = (I1 x N1 - N2 x I1 x N1 / N2) x u = 0
E rimane solo la componente dovuta alla corrente di magnetizzazione.
Adesso invece lo rispiego secondo l'analisi classica (tanto è lo stesso).
Consideriamo il trasformatore a vuoto, con resistenza e induttanza dispersa nulla e permeabilità del nucleo finita. Dato che è a vuoto il secondario non è percorso da corrente, quindi agli effetti della magnetizzazione concorre solo la corrente primaria. Alimentandolo con una tensione nota (alternata ovviamente), il primario dovrà assorbire una corrente tale da generare un flusso concatenato che a sua volta generi una tensione uguale e opposta alla tensione applicata. Considerando il primario una induttanza, esso assorbirà una corrente pari a:
I = V / ( L x K )
dove K tiene conto della frequenza di lavoro, della forma d'onda scelta e dei valori in gioco (di picco, medi, efficaci, ecc..).
Già di qui si vede che aumentando il numero di spire aumenta l'induttanza primaria, e quindi diminuisce la corrente di magnetizzazione. Ma vediamo cosa accade al flusso (e quindi all'induzione). Per flusso intendo il prodotto tra l'induzione (B, in tesla) e la sezione del nucleo.
La tensione indotta per ogni spira è proporzionale al flusso. Di conseguenza la tensione totale indotta nel primario è:
V = flusso x N1 x K
flusso X N1 sarebbe il flusso concatenato (te lo chiami flusso di induzione, basta intendersi), ma solitamente si lascia separato.
A parità di tensione applicata al primario, si vede che il flusso nel nucleo è inversamente proporzionale al numero di spire.
Proviamo a fare un dimensionamento, scegliendo un trasformatore a caso (prendo un esempio dall'hoepli):
Trasformatore a lamierini, frequenza di lavoro 50 Hz.
Potenza 150 VA
Tensione primaria: 220 V
Tensione secondaria: 160 V
Teoricamente un trasformatore si può fare con un nucleo di qualunque dimensione. In pratica però potremmo ottenere un nucleo in cui non entrano gli avvolgimenti, o con un rocchetto che resta vuoto. Alcune formuline empiriche aiutano a determinare subito il nucleo che conviene usare, ma per prova possiamo anche scegliere a caso, e verificare in fondo.
Scegliamo un nucleo con 16 cm^2 di sezione, pari a 0.0016 m^2
Nei lamierini al silicio per trasformatori si consiglia di non superare una induzione di 1.2 Tesla.
Adottandola come induzione di progetto, si ottiene un flusso nel nucleo pari a:
flusso = induzione x sezione = 1.2 x 0.0016 = 0.00192 Weber
adesso possiamo calcolare la tensione indotta per spira (che solitamente si esprime con la lettera e):
e = 4.44 x f x flusso = 4.44 x 50 x 0.00192 = 0.426 V per spira
il 4.44 è un valore che tiene conto della costante 2 x pigreco, e del fatto che la tensione la esprimiamo in valore efficace, mentre il flusso con valore di picco... ma tanto è una costante, quello che conta è il concetto.
poichè il primario sarà alimentato a 220 V, abbiamo bisogno di:
N1 = V1 / e = 220 / 0.426 = 516 spire
se ne mettiamo meno, il flusso dovrà per forza essere maggiore.
Per calcolare la corrente magnetizzante sarebbe necessario conoscere la permeabilità magnetica del nucleo.
Il secondario è facilmente dimensionato:
N2 = V2 / e = 160 / 0.426 = 376 spire
La sezione del rame sarà poi calcolata in base alla corrente di lavoro, ma al momento questo esula dalla discussione.
Abbiamo il nostro trasformatore a vuoto. A carico ovviamente avremo una corrente secondaria, che per forza di cose avrà effetto sul flusso. Ma poichè la tensione primaria non cambia, anche il flusso NON PUO' CAMBIARE!!!
Cosa succede allora? Succede che viene richiamata una corrente primaria in grado di controbilanciare esattamente l'effetto della corrente secondaria. I due effetti si annullano, e flusso e corrente magnetizzante rimangono costanti. Sono sono questi i dati da tenere in considerazione.
E' chiaro adesso?