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scusa ma, avendo un alimentatore regolato in corrente su un carico resistivo risulta ovvio che la tensione sul carico sia imposta dalla corrente che lo attraversa. Se leggessi una caduta di tensione di 45V sulla resistenza da 0,1ohm vorrebbe dire che li ci stanno passando 450A, non 120 ! L'induttanza sta facendo il suo lavoro, filtrare il ripple di corrente; che su un carico resistivo vuol dire anche agire su quello di tensione. Non focalizzarti sul 25% DC che ha riportato Raban; non lo abbiamo misurato lo abbiamo solo visto sull'oscilloscopio ed approssimato.
Se il duty cicle è approssimato (e di molto) te lo concedo, ma il fatto che il sistema sia regolato in corrente, e che quindi la tensione sul carico sia determinata dal carico stesso, non è influente. A parte che raban dovrebbe (se ha fatto come d'accordo) aver fatto le prove ad anello aperto, visto che sul carico resistivo l'anello di corrente avrebbe solo potuto dare problemi, la tensione sul carico sarà sempre proporzionale al DC, perdite permettendo. Un DC così elevato non rispecchia la realte tensione sul carico. L'induttanza filtra il ripple, e lo deve fare, ma non influisce sulla tensione (media) sul carico, che deve essere Vbus x DC / rapporto spire. Ripeto, non mi torna. Ma aspetto le prossime prove.
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Ma quindi non ci sono limiti imposti dall'accoppiamento induttivo del secondario ? Cioè, mi stai dicendo che paradossalmente potrei lasciare anche una sola spira sul secondario e, indipendentemente dalla frequenza di lavoro (che qui è 40Khz) non avrei alcun problema di accoppiamento di flusso ?
Perchè dovresti aver problemi di accoppiamento di flusso? Avrai un rapporto spire differente...
Ma chiariamo, cosa intendo per accoppiamento di flusso? Normalmente si intende esprimerlo come quella percentuale di flusso generato dal primario che riesce a concatenarsi anche con il secondario. Al di là di un po' di flusso disperso (quello indotto in aria che non passa nel nucleo) l'accoppiamento è quasi sempre vicino al 100%, almeno nei nuclei chiusi.
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Bit79 wrote:
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Poichè il flusso concatenato dipende solo dalla tensione applicata, con poche spire otterremo un flusso elevato (flusso concatenato= flusso x numero di spire), con rischio di saturazione.
Semmai il contrario, ovvero con molte spire.
Il flusso generato dall'induttore è proporzionale a N^2*I.
A parità di tensione, assumendo un conduttore di pari sezione, la corrente decrescerà linearmente col numero di spire (ovvero con la lunghezza del conduttore), quindi il flusso risulta proporzionale a N*V.
Perdonami l'espressione scherzosa, ma per un errore del genere il mio vecchio professore di elettrotecnica ti avrebbe messo una rondine (un 1) sul registro.
A parita di tensione il flusso concatenato rimarrà costante, quindi il flusso effettivo è inversamente proporzionale a numero di spire.
Cerchiamo di fare un po' di chiarezza...
Consideriamo solo il nucleo magnetico e l'avvolgimento primario (il secondario lo metteremo dopo). Ipotizziamo nulla la resistenza dell'avvolgimento, e nulla l'induttanza dispersa (le predite non ci interessano, comunque sono bassa) Per la permeabilità magnetica del nucleo consideriamo invece un valore finito (qui i casi ideali ci complicano la vita).
Alimentiamo il nostro avvolgimento (una induttanza a tutti gli effetti) con una corrente costante. Il flusso che si genera nel nucleo è proporzionale alla corrente stessa, al numero di spire (attenzione, siamo in regime di corrente costante, non di tensione!!!), e alla permeabilità magnetica del nucleo stesso. Omettiamo per semplicità le considerazioni dovute alle dimensioni del nucleo...
Ci troviamo quindi in questa situazione:
flusso = corrente x numero di spire x K
dove K tiene conto della permeabilità magnetica del nucleo e delle sue dimensioni.
Ora sappiamo che la tensione ai capi di una induttanza si esprime come:
tensione indotta = d (flusso) / dt x numero spire
oppure:
tensione indotta = d (flusso concatenato) / dt
dove:
flusso concatenato = flusso x numero di spire.
Il che è ovvio, poichè poche spire e flusso grande hanno lo stesso effetto di tante spire e flusso piccolo.
L'induttanza, per definizione, si esprime come il rapporto tra il flusso concatenato e la corrente che l'ha generato. Quindi:
induttanza = flusso concatenato / corrente
= flusso x numero di spire / corrente
= numero di spire^2 x K
e la tensione indutta si può esprimere anche come:
tensione indotta = d (flusso) / dt x numero spire
= d (corrente) / dt x numero di spire^2 x K
= d (corrente) / dt x induttanza
L'ultima relazione è in sostanza la legge che regola il rapporto tra tensione e corrente in una induttanza.
Poichè nel caso di un trasformatore solitamente di ha una alimentazione a tensione costante, si dovrà avere in tutti i casi un flusso concatenato costante.
Dalle prime due si ricavano le leggi che ci interessano:
flusso = integrale (tensione indotta) x dt / numero di spire
corrente = integrale (tensione indotta) x dt / (numero spire^2 x K)
Il flusso sarà quindi inversamente proporzionale al numero di spire, e la corrente inversamente proporzionale al quadrato del numero di spire.